Una cattedra per Fermi

Enrico Fermi si laureò in fisica nel luglio del 1922. “L’obiettivo di Fermi era chiaro: voleva tentare la carriera accademica. La normale trafila consisteva nel cercare di ottenere qualche borsa di studio, la libera docenza, un posto di assistente, qualche incarico e cercare poi di vincere un posto di professore di ruolo.” Tra il 1923 e il 1924 trascorse dei periodi all’estero in alcuni dei maggiori centri della fisica europea e mondiale di quel periodo; prima a Gottinga nel gruppo di Max Born poi a Leida al seguito di Paul Ehrenfest. Di ritorno da Leida nell’autunno 1924, Fermi, che godeva oramai della stima di personaggi di primo piano della scienza italiana come Corbino e Levi-Civita, ottenne il posto di professore incaricato di fisica matematica a Firenze; il suo obiettivo primario era ottenere e vincere un concorso di fisica teorica, ma ciò risultava alquanto difficile: non esisteva in Italia una cattedra di fisica teorica e pertanto nessun concorso poteva aversi per tale disciplina. La mancanza di una cattedra richiedeva un’azione strutturale che fu condotta di concerto dai matematici e da Corbino. Nella seduta del Consiglio della Facoltà di Scienze di Roma del 22 dicembre 1924, Corbino dichiarò che «sia l’istituzione di una cattedra di fisica teorica come quella di un’ulteriore cattedra di fisica sperimentale sarebbero grandemente vantaggiose per la nostra Facoltà».” Il percorso, tuttavia, fu lungo e pieno di ostacoli per l’opposizione interna di alcuni accademici. Fu solo alla fine del 1926, dopo due anni da quel Consiglio di Facoltà, che la cattedra fu istituita e il concorso si potè finalmente fare. “La commissione, di cui facevano parte lo stesso Corbino e Quirino Majorana (zio di Ettore), decretò all’unanimità la vittoria di Fermi, primo in terna, dichiarando di «essersi trovata unanime nel riconoscerne le qualità eccezionali e nel constatare che egli, pure in così giovane età e con pochi anni di lavoro scientifico, già onora altamente la fisica italiana. Mentre possiede in modo completo le più sottili risorse della matematica, sa farne uso sobrio e discreto, senza mai perdere di mira il problema fisico di cui cerca la soluzione e il giuoco e il valore concreto delle grandezze fisiche che egli maneggia. Mentre gli sono perfettamente familiari i concetti più delicati della meccanica e della fisica classica, riesce a muoversi con piena padronanza nelle questioni più difficili della fisica teorica moderna, cosicché egli è oggi il più preparato e il più degno per rappresentare il nostro Paese in questo campo di così alta e febbrile attività scientifica mondiale».”

Fonti: G. Maltese – Il Papa e l’Inquisitore

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