Poche figure nella storia della scienza moderna hanno il carisma di Enrico Fermi. E poche sono state altrettanto determinanti per gli sviluppi successivi della loro disciplina. Tuttavia, molti aspetti della sua biografia sono ancora poco indagati.
Il libro di David N. Schwartz colma questo vuoto, anche grazie a fonti inedite ed esclusive, ricostruendo una vita che fu investita in pieno – e in una posizione di primo piano – dalle drammatiche turbolenze della storia del Novecento. La sua biografia si snoda attraverso due guerre mondiali in una parabola che va da Roma agli Stati Uniti passando per Stoccolma: il conferimento del Nobel nel 1938 fornisce a Fermi l’occasione per sfuggire alle leggi razziali, che avrebbero colpito la moglie Laura, ebrea. Tre anni dopo, un team dell’università di Chicago ottiene per la prima volta nella storia una reazione a catena: alla guida dell’esperimento c’è lui, che legherà per sempre il suo nome al famigerato «Progetto Manhattan». Una genialità precocissima, una carriera accademica folgorante, una lista di scoperte che hanno rivoluzionato la fisica moderna corrispondono a una figura privata, di marito e di padre, assai più controversa. Una biografia, la sua, fatta di luci e di ombre, che vanno dall’ambiguo rapporto con il fascismo all’altrettanto discussa adesione al progetto della bomba atomica. Senza cedere alle opposte tentazioni dell’apologia e dell’ipercritica, Schwartz delinea un personaggio enigmatico dai sensazionali meriti scientifici, che più di ogni altro riflette le complessità del suo tempo.
Le scoperte scientifiche, la situazione storica e quella familiare avanzano di pari passo nelle oltre 500 pagine del libro senza mai stancare il lettore, spiegando concetti necessariamente complicati con termini semplici e non rivolti ai soli esperti del settore.
I 53 anni di Fermi si svolgono nella prima metà di un secolo complicato, dove il piccolo Enrico muove i primi passi in una Roma, e quindi un’Italia, travolta dalla Grande Guerra e che si appresta a vivere gli anni bui del fascismo. Fortunatamente la condizione medio borghese della famiglia Fermi fa sì che il genio del piccolo Enrico possa emergere fin da piccolissimo.La prima parte del libro si sviluppa tra gli studi a Pisa, i colleghi e le ricerche da Nobel dell’istituto di fisica di via Panisperna di Roma e il tentativo di traghettare la fisica italiana dalla vecchia spettroscopia alla moderna fisica nucleare. Il giro di boa, nella vita di Enrico, è l’assegnazione del Nobel per la fisica nel 1938 e l’emigrazione negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali che opprimevano la moglie Laura, di origini ebree.
La seconda parte del libro tratta quindi del Fermi americano, post nobel, impegnato nel ben oneroso e drammatico sviluppo del progetto Manhattan fino ai lavori della oramai matura, seppur bisognosa di risultati, fisica nucleare e meccanica quantistica che lo scienziato svolge tra l’Università di Chicago e la Columbia di New York.
Nella parte conclusiva del libro sono riportati i brevi soggiorni italiani prima della morte e l’immensa l’eredità morale e scientifica tramandata alle future generazioni di scienziati.
Per descrivere Fermi basterebbe dire che 7 dei suoi studenti sono diventati a loro volta premi Nobel. Tutti riconoscono nel loro mentore l’insegnamento del metodo, del rigore e dell’apertura dei ragionamenti a tutti i campi della fisica allora conosciuti… e anche sconosciuti, dato che non è raro trovare una frase o una considerazione quasi preveggente su un argomento che verrà scoperto o capito solo in futuro.
Fermi è un genio metodico, assillato dalla conoscenza della fisica e consapevole di non porter sbagliare! Sente il peso della responsabilità, ma alla fine è sempre la fisica la maestra alla quale dare conto. Questo forse lo tranquillizza… per quanto possibile.
Un commento molto personale che aggiungo è che ho terminato il libro con una piccola amarezza. La figura di Fermi che ne viene fuori è indubbiamente quella una persona geniale, gentile, onesta, a cui si affianca la sua completa indifferenza per ogni cosa che non sia la scienza. A Fermi piace praticare sport, ma non si preoccupa molto della situazione politica, non moltissimo della sua famiglia e non è chiaro se abbia mai letto libri di letteratura o sentito musica. Penso quindi che se l’avessi conosciuto, accanto alla profonda ammirazione scientifica, non avrei trovato in lui molte più cose interessanti da condividere.
(giugno SxT-libroalmese) // Pasquale Di Nezza