Quando Bunsen ci mette il becco…

Da sinistra: Kirchhoff e Bunsen

Il «becco di Bunsen» è quel fornelletto a forma di tubicino lungo e sottile che si trova in ogni laboratorio di chimica. Più propriamente, è un bruciatore a gas nel quale la fiamma viene ottenuta mescolando il gas combustibile con aria; è fatto essenzialmente da un piccolo cannello, che termina con un becco, e da una valvola che, regolando la quantità di aria mescolata al gas, permette di regolare la temperatura della fiamma.

Un becco di Bunsen

Prende il nome da Robert Wilhelm Bunsen, il chimico tedesco al quale è erroneamente attribuita l’invenzione. Il progetto iniziale di tale fornello, infatti, risale addirittura a Michael Faraday e fu perfezionato da Peter Desaga un assistente di Bunsen, che introdusse alcune modifiche su suggerimento dello stesso Bunsen. Bunsen e l’omonimo bruciatore sono legati non tanto dalla semplice necessità di “scaldare” sostanze e provette in un laboratorio chimico, ma piuttosto dall’esigenza di studiare gli spettri di righe prodotti dai vari elementi chimici. Il fornelletto creato da Faraday, con le modifiche introdotte da Desaga su suggerimento di Bunsen, divenne l’odierno “becco di Bunsen” e segnò l’inizio della spettroscopia come scienza sperimentale. “Nel Settecento lo scozzese Thomas Melvill scoprì che alcune sostanze come il sodio, poste alla fiamma, emettono luce monocromatica. Al principio dell’Ottocento William Wollaston, scopritore nel 1801 della banda dell’ultravioletto, osservò righe scure nello spettro solare, e nel 1814 Joseph Fraunhofer, ottico e fabbricante di strumenti, notò la corrispondenza tra la posizione delle righe scure e quella di alcune righe brillanti nello spettro della fiamma di alcune sostanze. La loro origine fu chiarita nel 1859 dalla collaborazione tra il fisico Gustav Kirchoff e il chimico Robert Bunsen, professori a Heidelberg: le righe scure corrispondevano all’assorbimento di righe spettrali da parte dell’atmosfera solare.” (Maltese) “Nel 1852 Bunsen ottenne la cattedra di chimica all’Università di Heidelberg, e ben presto si assicurò un posto nella storia della scienza per l’invenzione (insieme con Kirchhoff) dello spettroscopio, strumento che usa la luce per studiare gli elementi chimici. Quando viene riscaldato, ogni elemento della tavola emette righe caratteristiche, strette e ben delimitate, di luce colorata.

Esempi di spettri di emissione

L’idrogeno, per esempio, emette una riga rossa, una verde-giallastra, una azzurra e una indaco. Dunque, se riscaldiamo una sostanza ignota e vediamo che il suo spettro comprende queste righe, siamo sicuri che contiene idrogeno. Per costruire il primo spettroscopio, Bunsen e uno dei suoi studenti montarono un prisma all’interno di una scatola di sigari vuota, a cui erano attaccati gli oculari tolti a un telescopio, che servivano per guardare dentro allo strumento come se si trattasse di un diorama. A quel punto, l’unica difficoltà era la produzione di calore in quantità sufficiente per eccitare gli elementi, con una fiamma poco luminosa che non interferisse con le righe da studiare.” (Kean) “L’università aveva promesso a Bunsen un nuovo edificio per il laboratorio. La città di Heidelberg aveva iniziato a installare l’illuminazione stradale a gas e carbone, e così l’università aveva predisposto le tubazioni di gas verso il nuovo laboratorio. I progettisti dell’edificio intendevano utilizzare il gas non solo per l’illuminazione, ma anche per alimentare i bruciatori per le operazioni di laboratorio. Per ogni bruciatore era desiderabile, come abbiamo detto, massimizzare la temperatura della fiamma riducendone al minimo la luminosità. Tuttavia, i bruciatori da laboratorio esistenti lasciavano molto a desiderare non solo in termini di calore della fiamma, ma anche in termini di economia e semplicità. Mentre l’edificio era ancora in costruzione alla fine del 1854, Bunsen suggerì al suo assistente, Peter Desaga, alcune modifiche di progetto sui bruciatori, e gli chiese di costruire un prototipo. Il progetto Bunsen/Desaga riuscì a generare una fiamma calda, priva di fuliggine e non luminosa miscelando il gas con l’aria in modo controllato prima della combustione. Desaga creò delle feritoie regolabili per l’aria nella parte inferiore del bruciatore cilindrico, con l’accensione della fiamma nella parte superiore (il «becco», appunto). Quando l’edificio fu aperto all’inizio del 1855, Desaga aveva realizzato 50 bruciatori per gli studenti di Bunsen. Due anni dopo Bunsen pubblicò una descrizione del progetto di bruciatore e molti dei suoi colleghi lo adottarono presto. I becchi Bunsen sono ora utilizzati nei laboratori di tutto il mondo.” (wikipedia) “I lavori di Bunsen fecero compiere un salto in avanti alla tavola periodica. Lui era personalmente contrario all’idea di classificare gli elementi in base al loro spettro, ma altri colleghi non si fecero troppi problemi e iniziarono subito a identificare nuovi elementi con lo spettroscopio da lui inventato. Prima della fine del secolo ben dodici nuovi elementi furono scoperti per via spettroscopica. La possibilità di una identificazione affidabile fu un passo importante verso la comprensione del comportamento della materia a livello profondo. Ma una volta scovati nuovi elementi, era necessario trovare un modo di ordinarli in qualche schema o albero genealogico. E qui veniamo a un altro merito di Bunsen: l’aver contribuito a creare una prestigiosa scuola di chimica a Heidelberg, dove sotto la sua guida si formarono molti pionieri della tavola periodica. Tra loro troviamo Dmitrij Mendeleev, colui che in genere è indicato come il suo inventore.” (Kean) Nel 1877 Bunsen e Kirchhoff furono i primi a ricevere dalla Royal Society di Londra la prestigiosa medaglia Davy “per le loro ricerche e scoperte nell’analisi spettroscopica”.

Fonti:
1) S. Kean – Il cucchiaino scomparso
2) G. Maltese – Il papa e l’inquisitore
3) Wikipedia (inglese)
Crediti immagini: Wikimedia

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