Enrico Fermi

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Figlio di un funzionario delle Ferrovie dello Stato e di una maestra elementare e amico d’infanzia di Enrico Persico (compagno di scuola del fratello Giulio, morto prematuramente nel 1915). L’ingegner Adolfo Amidei, un collega del padre, lo incoraggiò allo studio di trattati di fisica e di matematica a livello universitario e della lingua tedesca, per poter leggere in originale i lavori scientifici.

Nel luglio 1918 conseguì la licenza liceale, saltando la terza liceo, e su consiglio di Amidei si iscrisse alla Scuola Normale Superiore di Pisa, al corso di laurea in fisica. Si presentò all’esame di ammissione con un bagaglio di conoscenze nettamente superiore a quello di un ragazzo appena uscito dal liceo e padroneggiava buona parte degli insegnamenti universitari; svolse la prova scritta ad un livello talmente alto da sbalordire la commissione esaminatrice. Durante i quattro anni a Pisa rivolse la propria attenzione ai settori più avanzati della fisica (relatività e teoria dei quanti).

Durante gli studi universitari pubblicò quattro articoli, incentrati sulla relatività, e nel luglio 1922 si laureò con lode con una tesi sperimentale sulla formazione di immagini con i raggi X (non poteva svolgere una tesi di fisica teorica, in quanto questa non era ancora riconosciuta nell’università italiana come disciplina d’insegnamento).

Tornato a Roma conobbe Orso Mario Corbino, Direttore dell’Istituto di fisica dell’Università di Roma e poco dopo, con una borsa di studio, si recò a Gottinga, nell’Istituto di Max Born. Con un’altra borsa di studio, nell’autunno del 1934 soggiornò a Leida, nell’Istituto di Paul Ehrenfest.

Nel 1924 ottenne dall’Università di Firenze l’incarico dell’insegnamento di Fisica matematica e nell’Istituto di fisica diretto da Antonio Garbasso ritrovò Franco Rasetti, amico e compagno di studi a Pisa.

Nel gennaio 1925 Pauli formulò il suo principio di esclusione e Fermi maturò l’idea di generalizzare il principio a un qualsiasi sistema di particelle identiche (Sulla quantizzazione del gas perfetto monoatomico), giungendo così alla formulazione della statistica seguita dalle particelle come elettroni e protoni (successivamente denominate ‘fermioni’). La nuova statistica (Fermi-Dirac) permise di comprendere il differente comportamento tra fotoni ed elettroni e, negli anni successivi, si rivelò uno strumento fondamentale in tutta la fisica dello stato solido.

Nel 1926 vinse il primo concorso a cattedre di Fisica Teorica bandito in Italia. Quando Fermi arrivò nel Regio Istituto Fisico di via Panisperna a Roma, aveva già rivelato la propria versatilità, nella fisica teorica quanto in quella sperimentale, ma non poteva da solo sostenere il peso di tutta l’attività dell’Istituto, anche di quella sperimentale. Nel 1927 Corbino, chiamò a Roma Rasetti e cercò studenti motivati e interessati alla ricerca: fu così che iniziarono a lavorare e studiare con Fermi Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana e, successivamente, Bruno Pontecorvo. Fermi dedicava molto tempo all’insegnamento, in corsi regolari e in seminari.

Per quanto riguarda l’attività sperimentale, fino alla fine degli anni Venti il gruppo che intorno a lui si stava formando incentrò la ricerca sulla spettroscopia atomica e molecolare. Il primo importante lavoro di Fermi a Roma fu un’applicazione della propria statistica all’atomo, Un metodo statistico per la determinazione di alcune proprietà dell’atomo, del 1927, noto come modello di Thomas-Fermi.

Durante le vacanze estive del 1927, di getto scrisse Introduzione alla fisica atomica per colmare una lacuna esistente nell’insegnamento italiano, l’assenza di un libro italiano di fisica moderna.

La considerazione internazionale di Fermi cresceva e, nel settembre del 1927, fu tra i protagonisti della Conferenza Internazionale di Fisica a Como (per celebrare il centenario della morte di Alessandro Volta) al fianco di Bohr, Born, Heisenberg, Lorentz, Pauli, Planck, Rutherford, Sommerfeld.

Dopo aver studiato i lavori di Dirac del 1927, nell’inverno tra il 1928 e il 1929 elaborò una propria rilettura della elettrodinamica quantistica (Sopra l’elettrodinamica quantistica) e tenne su questo una serie di lezioni all’Istituto Poincaré di Parigi e alla scuola estiva di fisica teorica ad Ann Arbor nel Michigan: a giudizio di Hans Bethe un esempio insuperato di semplicità in una materia difficile.

Si convinse in quegli anni che la fisica atomica avesse esaurito i suoi compiti; la fisica avrebbe ora dovuto esplorare il nucleo, come è testimoniato dalla decisione di organizzare a Roma nel 1931 un convegno internazionale di Fisica nucleare. Nel 1933 partecipò al VII Congresso Solvay, a Bruxelles, dedicato a “Struttura e proprietà dei nuclei atomici” quando erano stati da poco raggiunti fondamentali risultati, sia sperimentali che teorici: nel 1932 James Chadwick aveva scoperto il neutrone e subito dopo Heisenberg e Majorana avevano sviluppato una teoria delle forze nucleari.

Tra i problemi aperti spiccavano quelli relativi al decadimento β (consistente nell’emissione di elettroni da parte di alcuni nuclei atomici): trascorsi nemmeno due mesi elaborò una teoria completa e coerente (Tentativo di una teoria dell’emissione dei raggi beta), ipotizzando l’emissione di un neutrino (scoperto più tardi). Con questo inaugurò la fisica delle interazioni deboli.

Il 1934 fu un anno di intensa ricerca, che lo portò a scoperte con le quali, come sostiene Gerald Holton, si aprì l’era nucleare: Non cambiò solo la fisica, ma la stessa storia del mondo subì una svolta.

Avuta notizia della scoperta da parte dei coniugi Joliot-Curie della radioattività artificiale provocata irradiando nuclei leggeri con particelle α, decise di provare a utilizzare come proiettili i neutroni che sarebbero dovuti risultare molto più efficaci in quanto privi di carica elettrica. Dopo alcuni infruttuosi tentativi, arrivò alla scoperta della Radioattività indotta da bombardamento di neutroni e coadiuvato dal suo gruppo (a cui si era aggiunto il chimico D’Agostino) intraprese un’indagine sistematica, parallela all’interpretazione teorica dei fenomeni osservati.

Irradiando con i neutroni l’uranio nel laboratorio romano venne prodotta la fissione nucleare, ma non venne identificata e il gruppo pensò di aver prodotto elementi “transuranici” (di numero atomico maggiore di 92). Il fenomeno della fissione fu riconosciuto nell’inverno 1938-1939 (da Otto Hahn e Fritz Strassmann e interpretato da Lise Meitner e Otto Frisch).

Nell’autunno si imbatté in un’osservazione destinata ad avere grandi conseguenze: scoprì che il rallentamento dei neutroni, ottenuto con una sostanza ricca di idrogeno (paraffina o acqua), aumenta la loro efficacia nell’indurre radioattività (Azione di sostanze idrogenate sulla radioattività provocata da neutroni). La nuova scoperta costituirà un passo fondamentale verso l’utilizzazione dell’energia nucleare mediante reazioni a catena.

Nell’autunno del 1936 l’Istituto di fisica romano si trasferì da via Panisperna alla Città Universitaria, poco dopo morì Corbino e direttore divenne Antonino Lo Surdo. Fermi si rese conto della necessità, per mantenere il livello di eccellenza, di realizzare un acceleratore di particelle per ottenere una sorgente di neutroni molto più intensa. Nell’estate del 1937 morì Guglielmo Marconi, che, come presidente del CNR, aveva sempre appoggiato l’attività scientifica di Fermi e la richiesta di finanziamento per la creazione di un Istituto dedicato alla fisica nucleare fu definitivamente respinta per “limitata disponibilità di mezzi”.

Nel 1938 furono promulgate le leggi razziali. In settembre, Fermi e sua moglie Laura Capon, ebrea, decisero di lasciare l’Italia. Su questa decisione probabilmente pesò la delusione nel vedere naufragate le speranze di mantenere le ricerche di fisica nucleare in Italia al livello di eccellenza raggiunto.

Ottenuto un congedo dall’Università di Roma per tenere un corso alla Columbia University di New York, seppe da Bohr, in modo ufficioso, che gli sarebbe stato conferito il premio Nobel per i risultati ottenuti nelle ricerche con i neutroni. Il 6 dicembre 1938 la famiglia Fermi lasciò Roma per raggiungere Stoccolma, con la determinazione di non fare più ritorno in Italia: infatti, dopo la cerimonia di premiazione, egli trascorse alcuni giorni a Copenhagen presso Bohr, e il 2 gennaio 1939 arrivò a New York.

Due settimane più tardi arrivò negli Stati Uniti anche Niels Bohr, portando la notizia delle straordinarie scoperte appena avvenute in Europa, tra le quali la fissione nucleare. Fermi volle osservare personalmente il fenomeno della fissione e a tale scopo utilizzò il ciclotrone della Columbia University. Insieme con John Dunning osservò la fissione di nuclei di uranio bombardati con neutroni lenti. Consapevole delle conseguenze del fenomeno, il giorno successivo, intervenendo alla Conferenza di Fisica Teorica di Washington, prospettò la possibilità di utilizzare il fenomeno come fonte di energia nucleare e avanzò l’ipotesi che nel processo di fissione possano essere emessi neutroni, in grado di provocare, a loro volta, altri processi di fissione (reazione a catena). Riuscendo a controllare questa reazione, si sarebbe potuta ottenere una enorme quantità di energia; se la reazione fosse avvenuta senza controllo avrebbe potuto avere carattere esplosivo.

La sua ricerca fu quindi dedicata all’emissione di neutroni secondari nella fissione finché la ricerca non fu dichiarata “top secret” su richiesta degli stessi fisici: Tutti erano consapevoli, – rivelò poco dopo la fine della guerra – dell’imminenza di una guerra mondiale; vi era fondato timore che le tremende potenzialità militari latenti nei nuovi sviluppi scientifici potessero essere realizzate dai nazisti per primi.

Nella primavera 1939 Fermi, insieme con Szilard e Anderson, confermò sperimentalmente che risultava verificata la condizione necessaria affinché potesse aver luogo una reazione a catena.

(Le ricerche di Fermi sulla fissione nucleare e sulla bomba sono trattate separatamente, nella scheda: Gli anni della Guerra.)

Dopo la fine della guerra, Fermi, al pari degli altri scienziati di Los Alamos, si trovò a dover decidere dove andare e quali ricerche intraprendere. Accettò l’offerta di tornare all’Università di Chicago, iniziando così a lavorare presso il nascente Institute for Nuclear Studies (del quale rifiutò tuttavia la direzione, preferendo dedicarsi interamente alla ricerca). Per quanto riguarda le ricerche, da tempo si era persuaso che la frontiera della fisica fosse nello studio delle interazioni nucleari, aveva 44 anni ed era la massima autorità nel campo della fisica dei neutroni, eppure non esitò a rimettersi in gioco aprendo una nuova fase. A Chicago si adoperò subito perché fosse avviata la costruzione di un acceleratore di particelle, necessario per indagare la struttura nucleare.

Si impegnò molto anche nell’insegnamento e intorno a lui si radunò presto un gran numero di studenti e di giovani ricercatori (tra i quali T. D. Lee e C. N. Yang, poi premi Nobel). Riprese la propria abitudine di tenere seminari informali nel suo studio a un piccolo gruppo di giovani laureati.

Terminata la guerra, i fisici nucleari furono chiamati a impegnarsi in prima persona nelle agenzie governative create per valutare e finanziare i progetti di sviluppo civili e militari dell’energia nucleare. Fermi dal 1947 al 1950 fu membro del GAC, un comitato consultivo della AEC (la Commissione di controllo sull’energia atomica) composto da otto scienziati, che aveva il compito di fornire pareri scientifici e tecnici.

Nel dopoguerra iniziò a interessarsi alle particelle subnucleari. Alla fine del 1946 venne a conoscenza dei risultati ottenuti a Roma da Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni in un esperimento sul decadimento dei ‘mesotroni’, le particelle penetranti individuate nei raggi cosmici nel 1937. Fermi comprese subito l’importanza del risultato ottenuto a Roma: in pochi giorni, in collaborazione con Edward Teller e Victor Weisskopf, arrivò alla conclusione che il ‘mesotrone’ non poteva essere identificato con la particella ipotizzata da Yukawa, responsabile dei legami nucleari. Pochi mesi dopo Cesare Lattes, Giuseppe Occhialini e Cecil Powell, scoprirono una nuova particella, il mesone p (o ‘pione’), che decadendo produceva un mesone µ (o ‘muone’). (v. LFnS XXXV, 3, 2002)

Nell’estate del 1949 presentò proprie ipotesi sull’origine dei raggi cosmici al Congresso Internazionale di Como, l’occasione per il suo primo rientro in Italia, dopo quasi undici anni, in seguito tenne una serie di conferenze a Roma e a Milano, poi pubblicate con il titolo di Conferenze di fisica atomica.

Quando l’Unione Sovietica fece esplodere la sua prima bomba nucleare, i vertici militari degli Stati Uniti cominciarono a discutere sull’opportunità di sviluppare un programma per realizzare una bomba termonucleare (bomba H). In una riunione dell’ottobre 1949 il GAC si pronunciò contro il progetto di costruire la nuova arma. Tuttavia, dopo pochi mesi, la notizia che il fisico di origine tedesca Klaus Fuchs (che aveva fatto parte del gruppo di fisici impegnati a Los Alamos) aveva passato informazioni riservate sulle armi atomiche all’Unione Sovietica indusse il Presidente Truman a decidere di procedere con la massima priorità allo sviluppo della bomba all’idrogeno.

Fermi, che come membro del GAC aveva sostenuto con forza la posizione contro la nuova bomba, collaborò allora al progetto svolgendo alcune ricerche nell’estate 1950 presso i laboratori di Los Alamos. La prima bomba all’idrogeno venne esplosa dagli Stati Uniti nel 1951, in un atollo nell’Oceano Pacifico, e nel 1955 anche l’Unione Sovietica fece esplodere una bomba all’idrogeno: aveva avuto inizio, così, la corsa agli armamenti nucleari.

Tornando alla fisica, Fermi venne coinvolto dalle difficoltà che emersero sulla scena della fisica teorica negli anni a cavallo del 1950. Si era di fronte al problema di inquadrare in uno schema teorico le nuove particelle osservate sperimentalmente. Nella primavera 1951 finalmente entrò in funzione il sincrociclotrone di Argonne, e Fermi poté riprendere le ricerche sperimentali, in collaborazione con un numeroso gruppo di fisici, sull’interazione fra pioni e nucleoni: evidenziò sperimentalmente come nell’interazione tra pione e nucleone si conservi lo spin isotopico. Ottenne poi un altro risultato fondamentale scoprendo la prima risonanza pione – nucleone.

Per analizzare ed elaborare la grande quantità di dati sperimentali raccolti dal suo gruppo nelle ricerche con il ciclotrone, Fermi iniziò ad usare regolarmente il computer messo a punto in quel periodo a Los Alamos (il MANIAC). Fermi imparò ad utilizzare e a programmare il MANIAC nei periodi trascorsi a Los Alamos durante le estati del 1952 e del 1953.

Nell’estate 1952, insieme al matematico Stanislaw Ulam esaminò la possibilità di utilizzare i computer per avere indicazioni sulle proprietà delle soluzioni di problemi fisici che non ammettevano forme analitiche definite. Gli studi sull’evoluzione di sistemi non lineari di Fermi e Ulam si possono considerare all’origine delle teorie del caos e della complessità. (v. LFnS XXXIV, 3, 2001, dedicato in gran parte a Fermi)

A indicare il prestigio raggiunto nella comunità scientifica americana, nel 1953 Fermi fu eletto presidente dell’American Physical Society.

Per quanto riguarda l’astrofisica, tra il 1952 e il 1953 Fermi collaborò con Subrahmanyan Chandrasekhar su alcuni interessanti problemi: stimarono il campo magnetico nei bracci di una galassia a spirale e studiarono la stabilità gravitazionale in presenza di un campo magnetico.

Nell’estate 1954 tornò di nuovo in Italia per tenere un corso di lezioni sulla fisica dei pioni e dei nucleoni a Varenna, sul lago di Como. Durante il soggiorno in Italia la sua salute cominciò rapidamente a peggiorare e tornato negli Stati Uniti, gli venne diagnosticato un tumore allo stomaco. Negli ultimi giorni, nonostante l’aggravarsi delle sue condizioni, si dedicò alla revisione delle note scritte per un corso di fisica nucleare; il libro incompiuto fu pubblicato postumo (Nuclear Physics), a cura di tre suoi allievi.

Bruno Pontecorvo ha osservato: Se le ricerche di Fermi fossero state pubblicate sotto il nome di diversi autori, quanti premi Nobel sarebbero stati assegnati? Credo non meno di sei …

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